Dopo un periodo di qualche mese, preso dagli impegni quotidiani mi accingo a scrivere questo nuovo intervento, intervento che scaturisce, come sempre da riflessioni, ricerche e dal confronto con diversi amici su posizioni ed ipotesi varie.
Il tema di questo intervento è su cosa sia lo ZED; non essendo ancora stato rinvenuto (ufficialmente) un manufatto che corrisponda in toto o in parte a quanto si osserva nelle diverse raffigurazioni, per altro esclusivamente riferibili all’antico Egitto, attorno a questo oggetto si è creato un alone mitologico, magico o addirittura religioso.
Ma cosa è o cosa sarebbe in realtà lo ZED? È esistito o esiste realmente?
Le diverse ipotesi sulla natura e lo scopo dello ZED, denotano che attorno a questo argomento c’è una gran confusione; non è mia intenzione ne mi interessa cercare di “unificare” le varie ipotesi, anche se leggendo l’intervento si possa pensarlo, piuttosto, come da mia indole amo le prospettive ampie, profonde e a 360° e questo inevitabilmente influenza il mio modo di vedere e quello che scrivo, come mia consuetudine cercherò di dare una panoramica il più possibile completa e coerente, provando a trarre delle conclusioni concrete, seppure teoriche, considerando proprio il fatto che eccetto per la struttura interna alla Piramide di Cheope denominata ZED, non vi sono altri esempi di questo oggetto se non appunto le sole raffigurazioni.
Ora è da quando la civiltà umana si è evoluta in una civiltà tecnologica, che schiere di ricercatori e scienziati di ogni branca si trovano disarmati di fronte alle opere realizzate da antiche civiltà ed incapaci di dare una risposta esaustiva e compiuta sul come e con quali tecniche quelle opere poterono essere realizzate attenendosi alla l’ortodossia scientifica dominate.
Va però detto che quella sorta di muro è costituito da presupposti preconcetti, che si basano sul principio secondo cui gli antichi popoli disponessero solo di attrezzi e strumenti rudimentali e tali strumenti riuscirono a realizzare cose che ancora oggi, con la nostra più avanzata tecnologia, risulta difficile da eguagliare sia per maestosità sia per i diversi aspetti qualitativi
Mi sovviene di fare una riflessione su questo ultimo paragrafo, perché ammesso e non concesso che abbiano ragione, ne consegue una considerazione per niente lusinghiera della moderna umanità o meglio/peggio delle su intelligenze, perché di fatto una tale visione attesterebbe che di fatto, l’uomo moderno sarebbe più stupido rispetto i suoi antenati, i quali muniti di semplici attrezzi di rame, legno e funi di canapa eressero strutture e monumenti che sbalordiscono; ma forse si vuole intenzionalmente indurre nell’uomo comune un senso di inferiorità e Perché?
È possibile che vi sia in atto una sorta di “restaurazione”, un tentativo di imporre un “neo medio evo” in cui sacerdoti e clero vengono sostituiti da scienziati, finanzieri e industriali?
Torniamo al punto, dunque se cancelliamo il presupposto che le antiche civiltà disponessero solo di strumenti rozzi e rudimentali, il panorama cambia radicalmente, tutto potrebbe essere possibile, ma è doveroso evitare il rischio di cadere nel mare delle congetture e delle ipotesi.
L’unico modo per evitare una deriva eccessivamente fantasiosa è prendere in considerazione l’ipotesi (del tutto arbitraria) che le antiche civiltà disponessero di una tecnologia, se non superiore a quella odierna, quantomeno analoga; seppure quella tecnologia, quelle conoscenze erano appannaggio di una o più caste e rivestite da un alone magico, mistico e religioso funzionale ad un assetto sociale radicalmente diverso dal nostro, con questo, non escludo le altre ipotesi in gioco, ma concentrare l’attenzione su quelle che possono permettere di estrapolare quella che poteva essere stata la realtà delle antiche civiltà, dandone una maggiore concretezza.
Certamente c’è il rischio di passare per “revisionisti” storici, o meglio preistorici, no sono pienamente cosciente, ma sarebbe davvero negativo “revisionare” la conoscenza del passato correggendo, riempiendo o rettificando le lacune, gli errori, gli abbagli che sono stati commessi nei secoli e influenzati da aspetti che con la ricerca ella verità hanno poco a che fare?
Ma veniamo al tema, l’unico oggetto definito ZED di cui ne è stata accertata l’esistenza è la struttura interna alla piramide di Cheope, eccetto questo esistono solo raffigurazioni dell’oscuro oggetto e che rientra nella definizione di ZED, per altro questa struttura sembra essere strettamente funzionale all’intera struttura piramidale, una sorta di armatura “leggera”; in ogni caso che ci si riferisca alla struttura architettonica o ad un indefinito elemento, viene sempre messo in relazione con qualcosa di energetico, a volte in modo nebuloso e vago e a volte in modo esplicito con qualcosa di elettrico.
Restando sullo ZED architettonico, stando a quanto riporta Zecharia Sitchin, questa struttura era preposta ad ospitare una serie di cristalli suddivisi per qualità e caratteristiche nei diversi vani, tra questi cristalli spiccava per importanza la pietra GUG “che segnava il nord”.
Come prima osservazione possiamo dire che il termine ZED potrebbe avere una molteplicità di significati o indicare una categoria di qualcosa, quindi a seconda del contesto, assumere un significato ben preciso, di fatto e questo lo possiamo dedurre sostanzialmente dalle diverse raffigurazioni dello ZED che differiscono le une dalle altre per alcuni particolari e ciò anche nelle medesime immagini, quindi possiamo dire con un buon margine di sicurezza che quanto si osserva dai bassorilievi, sono si simili ma sostanzialmente indicano (idealmente) cose diverse, vuoi per utilizzo che per funzione.
Come ho detto, è possibile che concettualmente si attribuisca allo ZED un significato erroneo e che in realtà il termine potrebbe indicare una categoria, una funzione, un utilizzo, partendo dal presupposto che taluni bassorilievi siano qualcosa di più che una raffigurazione artistica e commemorativa, ma piuttosto una sorta di “manuale per l’utente” in cui si mostra forma, posizionamento e funzione degli elementi?
È pressoché unanime considerare il fatto che lo ZED è associato e/o messo in relazione con qualcosa di energetico, possiamo quindi presupporre che questo binomio comporti di conseguenza che abbia la o le caratteristiche di poter catture, accumulare, amplificare, trasformare, convertire ed utilizzare questo qualcosa di energetico.
Per inquadrare meglio la questione, inseriamo lo ZED in un contesto molto più articolato; diversi ricercatori hanno scoperto che diversi manufatti riportano evidenti ed inequivocabili segni dell’impiego di strumenti ed attrezzature industriali e di precisione, attrezzature che se proprio non si vogliono classificare come superiori a quelle odierne, quantomeno sarebbero equiparabili per funzionalità e precisione, utensili come frese, trapani, seghe, ecc. ecc., per altro date le caratteristiche di taluni manufatti, qualcuno ipotizza persino l’impiego di apparecchiature computerizzate, quindi strumenti ed attrezzi motorizzati, ora, anche se è plausibile che disponessero di utensili a motore a scoppio, data la precisione di molti manufatti, questo implica l’impiego di motori ad elettricità vista la maggior flessibilità e vestibilità di impiego delle apparecchiature, perché se è vero che ci possano essere trapani e smerigliatrici a miscela, ma un tornio motorizzato in tal guisa, sarebbe ingestibile e meccanicamente complesso oltre misura.
Tenendo presente l’attribuito livello tecnologico delle antiche civiltà, è inevitabile chiedersi dove possano essere i resti e le tracce delle loro infrastrutture, perché è fuori di dubbio che una civiltà tecnologicamente avanzata ne debba avere più di una, per sostenersi e alimentarsi, quindi assumendo che queste basassero la loro tecnologia sull’impiego di energia elettrica piuttosto che sugli idrocarburi, dove sono le dighe, gli invasi artificiali, le turbine e i generatori per produrla?
Il fatto che non vi siano (ufficialmente) trace di queste infrastrutture, non attesta che non vi fossero, ma solo che non sono state ancora scoperte, inoltre questa eventuale assenza potrebbe essere dettata da una differente concezione strutturale e “ideologica”, non dimentichiamo che le infrastrutture moderne di cui disponiamo sono essenzialmente asservite e funzionali ad una società tecnologica diffusa soggetta ai principi economici del profitto e della speculazione.
Stando a quanto risulta dall’archeologia ufficiale, non sembra siano mai stati rinvenuti i resti di una qualche infrastruttura a sostegno di una tecnologia elettrica degli antichi, come detto, questo non attesta che tali infrastrutture non esistessero, però potevano essere concettualmente e strutturalmente differenti da quelle che noi conosciamo; personalmente sono convinto che le tracce e le testimonianze vi siano, come interpretare ciò che si osserva dall’immagine qui a fianco se non come una diga, come interpretare quelle insolite strutture presenti nella penisola del Sinai e nel sud dell’Egitto che costellano il territorio per chilometri, di cui ho parlato ampiamente negli interventi relativi ai geoglifi del Sinai.
Le evidenze archeologiche che indicano l’impiego di strumenti tecnologici avanzati sono molteplici, e gli indizi che tali strumenti fossero alimentati ad elettricità sono altrettanti; sorge però l’interrogativo di come potessero genere l’elettricità, considerando che si è scartata l’ipotesi delle centrali idroelettriche?
Non mi metterò certo a fare un trattato sulla corrente ne su come è possibile produrla, sappiamo però che la forma di corrente più efficiente è quella alternata ed è inevitabile che per un uso industriale occorre produrne tanta, ora in assenza di dighe, questo pare pressoché impossibile se non con un sistema basato sigli idrocarburi, ma anche qui ci si trova di fronte al fatto che motori e turbine preistoriche non sono mai stati rinvenuti, quindi?
In molti ritengono, a seguito del rinvenimento di alcune batterie (la batteria di Bagdad) elettrochimiche che la tecnologia antica funzionasse a corrente continua, ora, seppure in linea di principio l’ipotesi è valida, sotto il profilo pratico risulta incoerente, poiché è si possibile alimentare un piccolo dispositivo elettrico con quel tipo di alimentazione, ma non di certo uno strumento capace di tagliare, modellare, bucare materiali rocciosi tra i più duri, come potrebbe farlo un flessibile, un trapano una fresa ad alta velocità, sarebbe impossibile anche giocando nel mettere in serie e in parallelo pacchi e pacchi di batterie, non si potrebbe eguagliare le performance della corrente alternata.
A questo punto, che gli antichi usassero la corrente alternata pare essere un dato di fatto più che un’ipotesi, ma come la producevano, questo è ancora l’interrogativo a cui occorre rispondere, seppure ipotizziamo l’impiego di un numero sterminato di batterie e convertendone la corrente in alternata, queste si sarebbero esaurite molto rapidamente proprio per i carichi richiesti anche da un singolo utensile industriale, quindi la fonte doveva essere necessariamente un’altra.
Voglio ulteriormente far notare l’inconsistenza dell’ipotesi delle batterie, perché se il sistema fosse stato quello, si sarebbero rinvenute cataste e cataste di batterie e così non è.
Un altro oggetto che mi fatto riflettere e fornito spunti di ricerca è un altro oggetto misterioso che anch’esso è spesso associato allo ZED, l’Ankh; nei diversi manufatti che ho raggruppato, sembra che al suo interno abbia un piccolo ZED, tutte riportano la medesima configurazione schematica ed in sintesi il medesimo oggetto, quindi è palese che il riferimento è preciso ed inequivocabile;
Nello specifico, quello che più mi ha colpito sono i particolari della seconda immagine in cui si può vedere chiaramente che al disotto dei tre livelli della colonna sono presenti quattro strati alternati, cosa stanno ad indicare o cosa vogliono significare, visto che la stessa configurazione è riportata sulle braccia della croce ansata, inoltre, perché nei soprastanti livelli si vede una serie regolare più o meno verticale di altri elementi?
Molti ricercatori ritengono che lo ZED sia in realtà una sorta di trasformatore e questi elementi concorrono a sostegno dell’ipotesi; sappiamo che un trasformatore moderno è costituito da un avvolgimento primario e da uno o più avvolgimenti secondari, separati ed isolati gli uni dagli altri e a grazie all’induzione elettromagnetica si ottiene una trasformazione della corrente che scorre nell’avvolgimento primario, in un voltaggio e amperaggio maggiore o minore, in funzione e in relazione delle caratteristiche dell’avvolgimento secondario, quindi da quanto si può osservare dalle raffigurazioni dell’Ankh possiamo perlomeno dire che è coerente con la rappresentazione di un trasformatore.
Devo precisare che mi sto ancora riferendo all’Ankh, cioè alla croce ansata che spesso viene definita “croce della vita” e che è un elemento quasi onnipresente nelle opere e nei geroglifici egizi; osservando meglio l’Ankh si osserva che in realtà le figure sono sovrapposte, quindi partendo dal fondo osserviamo la croce ansata, poi lo ZED ed in ultimo quella strana “forca”, cosa vuole dire questo “ideogramma” se non che tra i tre oggetti vi è una stretta relazione, si badi che ho detto relazione non connessione, visto che tra i vari elementi non si vedono fili che li collegano, va osservato che sulle braccia della croce ansata si possono notare delle linee che escono, ma di fatto queste linee non sembrano indicare un eventuale collegamento, ma forse il riferimento ad una fonte energetica; ora se disassembliamo l’Anck nella sua raffigurazione possiamo notare in modo più preciso i tre elementi, che scomposti come nell’elaborazione a fianco acquistano un significato ed senso logico, dove la croce ansata, è costituita da due bobine distinte e un corpo centrale che potrebbe costituire un’antenna ricevente, lo ZED, il trasmettitore e la strana forca uno strumento per la manipolazione o il controllo di uno dei due elementi o di entrambi.
Ipotizziamo che l’Ankh fosse stato una sorta di “condensatore/batteria/interruttore” senza la quale qualsiasi strumento o macchinario non potesse funzionare, quindi chi avesse provato ad utilizzarli, non avrebbe potuto farli funzionare, cosi come chi si fosse impossessato improvvidamente della “chiave” avrebbe corso seri rischi di restare fulminato, non conoscendo come utilizzarlo; questo mi porta alla mente ancora un altro oggetto misterioso e mitologico, non solo relativo alla cultura egizia, ma anche a quella giudaico-cristiana, l’Arca dell’Alleanza, come ci dice la tradizione e come è riportato nella bibbia, sciagurati erano coloro che si avvicinavano ad essa poiché sarebbero stati folgorati.
Dunque per poter avvicinarsi e “manipolare” l’Arca, occorrevano determinate precauzioni che solo una ristretta cerchia di adepti conosceva, quindi è altamente probabile che analoghe “procedure” descritte nella bibbia, fossero state copiate o assimilate dagli egizi, non dimentichiamo chi era Mosé e in quale ambito sociale crebbe.
Ho citato l’Arca dell’Alleanza, anche perché in molti ipotizzano che originariamente l’Arca fosse custodita all’interno della piramide di Cheope e per la precisione nel sarcofago di granito all’interno della camera del Re, che guarda caso è situata proprio sotto lo ZED architettonico, luogo deputato da Sitchin come il posto dei cristalli.
Tornando al “binomio” Ankh/ZED, possiamo desumere che tutto ciò ammicca ad un sistema di circuiti risonanti, non troppo dissimile da quanto inventato da Tesla?
Detto questo e seguendo questa strada, se l’Ankh è il “ricevitore” lo ZED è il trasmettitore, da dove attingevano l’energia? E questo ci riporta alla questione delle infrastrutture, infrastrutture che non avrebbero necessità di esistere se non per le sole “torri trasmittenti”, quindi ridotte al minimo e con una perdita pressoché nulla anche su grandi distanze, visto che l’energia non è dissipata dalla resistenza di una rete elettrica tradizionale.
Sappiamo che Tesla per gli esperimenti sulla trasmissione dell’energia elettrica utilizzava della corrente prodotta da centrali idroelettriche e come da ortodossia archeologica, sappiamo che gli antichi, non disponevano di questa utilità, ma Tesla andò oltre, ipotizzando e sicuramente realizzando qualcosa di sorprendete e anche di più, ossia sfruttare l’energia della ionosfera.
Gli esperimenti di Colorado Spring ne sarebbero a testimonianza e comunque realizzò qualcosa di radicalmente innovativo; paragonando la “cavità” compresa tra suolo e ionosfera ad una sorta di condensatore naturale ed interponendo adeguati strumenti tra i due terminali era possibile utilizzare questa energia, purtroppo Tesla fu fermato, il laboratorio di Colorado Spring smantellato e lui finì i suoi giorni in miseria, tutto questo perché di fatto, la civiltà “moderna” è asservita ai principi economici del profitto e della speculazione.
Dunque potrebbe essere stato questo sistema che ha permesso alle antiche civiltà di disporre di energia elettrica con cui hanno realizzato le loro opere? L’ipotesi è plausibile, concreta e nonostante tali possibilità, siano oggi precluse per questioni “economiche” sicuramente funzionante e altamente efficiente, certamente il gran numero di indizi, sparsi qua e là non fanno una “prova provata” ma rendono un quadro d’insieme coerente e plausibile anche sotto l’aspetto strettamente tecnico e di realizzazione.
Ora seguendo l’idea ed il progetto “tesliano” sarebbe sufficiente predisporre una adeguata antenna per catturare l’energia della ionosfera e tramite opportuni trasformatori convertirla, sappiamo che il differenziale tra terreno e ionosfera varia dai 200.000 ai 500.000 volt; è vero in quanto ad amperaggio, questo è particolarmente basso, pochi ampere per metro quadro oltretutto in corrente continua, per dare una idea, ricorrendo al classico esempio idrico, potremmo immaginare un larghissimo e profondissimo fiume quasi stagnate in cui l’acqua rappresenta il voltaggio e la corrente l’amperaggio e dove i trasformatori assumono la funzione di una pompa che preleva la corrente-voltaggio aumentandone la pressione-amperaggio.
Seguendo quello che mi ricordo su come si costruiscono antenne, realizzare una antenna per captare a livello “radio” la frequenza herziana della ionosfera richiederebbe una antenna (filare) lunga svariati chilometri, anche volendo ridurne le dimensioni con opportuni “caricamenti” si prospettano problemi tecnici decisamente problematici, quindi la soluzione del problema non va ricercata in ambito “radiantistico” ma piuttosto in un contesto strettamente elettronico, ossia quello di realizzare gli opportuni contatti tra i terminali del “condensatore Terra”, in questa prospettiva sarebbe come predisporre una presa nel circuito elettromagnetico terrestre.
Di seguito presento una serie di immagini che ho realizzato, in parte per dare più sostanza all’ipotesi dello ZED-trasformatore ed in parte per vedere quali potessero essere i problemi realizzativi di questa cosa; a parte le difficoltà strettamente legate alla realizzazione delle bobine per le loro dimensioni e le “forature” della colonna, tutto sommato non sembra che ve siano, pur restando in un approccio elettronico e non radiantistico.
Questa elaborazione mostra come sarebbe apparso lo ZED, va detto che si vocifera che originariamente fosse posto al vertice della piramide di Djoser e tra l’altro, sotto l’aspetto architettonico ne avrebbe rappresentato il giusto coronamento, ma poi forse per fragilità strutturale della piramide o forse per questioni belliche sarebbe stato celato all’interno della piramide di Cheope.
Preciso che il progetto non è proprio in scala ed è stato dimensionato all’incirca all’altezza di una persona analogamente come si osserva in alcuni bassorilievi egizi presupponendo che questi in realtà fossero degli elementi intermedi tra lo ZED principale analoghi a quelli che potrebbero essere delle cabine di distribuzione o i contatori.
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LO ZED
Cosa è o cosa sarebbe?
Esiste o è esistito realmente?
Si ipotizza che lo ZED fosse posto al vertice della piramide di Djoser, l’immagine precedente mostra come sarebbe apparso il panorama.
Sotto l’aspetto artistico ed architettonico la piramide a gradoni sembra proprio essere stata costruita apposta per lo scopo, in seguito, probabilmente per la fragilità della piramide realizzata in mattoni, sarebbe stato spostato all’interno di quella di Cheope.
Nonostante i molteplici rilievi effettuati sulla piramide di Cheope, ad oggi non è stato rinvenuto.
Molti ricercatori ritengono che lo ZED sia una sorta di trasformatore e molti indizi concorrono a sostenere tale ipotesi, tra questi c’è l’Ankh che in forma di enigma mostra in modo sintetico quello che poteva essere il suo funzionamento.
Come per lo ZED, anche per Ankh non ne è stato rinvenuto alcun esemplare se non raffigurazioni in bassorilievi o monili.
Osservando i monili che raffigurano l’Ankh si può osservare che in realtà non si tratta di un unico oggetto ma di un insieme organico di oggetti sovrapposti gli uni sugli altri.
Il primo oggetto è la croce ansata sovrastata dallo ZED ed al di sopra di esso quella sorta di forca a due denti che vagamente ricorda il pastorale sormontato da una piuma.
Se si pone attenzione ai singoli “frammenti” si può notare che sulle braccia della croce sono presenti le stesse linee alternate dello ZED ma disposte in verticale e sembrano avere le medesime dimensioni.
Riferndoci all’immagine precedente, possiamo osservare in dettaglio la struttura dello ZED, essa è costituita da una colonna, probabilmente di granito o di altra roccia dura che fa da base e sostegno per parte superiore dove si possono notare i quattro livelli.
Stando all’ipotesi del trasformatore queste linee rappresenterebbero gli avvolgimenti primario e secondari.
È interessante osservare la disposizione delle linee presenti nei tre livelli superiori che sono disposti in verticale, forse per sfruttare al meglio il fenomeno dell’induzione elettromagnetica?
Le immagini seguenti mostrano come idealmente potrebbe essere la struttura complessiva dello ZED.
Nel progetto che ho realizzato ho ritenuto di dargli le dimensioni all’altezza di una persona come si osserva in alcuni bassorilievi egizi, partendo dal presupposto che questi fossero degli elementi intermedi tra lo ZED principale e lo strumento di utilizzo, simile a quello che potrebbe essere una cabina elettrica di distribuzione o un contatore.
Il progetto si sviluppa sul principio secondo cui il “sistema” terra è un condensatore continuamente alimentato dal campo elettromagnetico terrestre.
Il differenziale di potenziale tra suolo e ionosfera è stato stimato complessivamente in 300 kiloVolt ad una tensione 1.350 Ampere, ma i valori possono variare tra i 200.000 i 500.000 volt con una tensione poco più, poco meno di 2ampere/m2, lo ZED inserendosi tra suolo e ionosfera costituisce di fatto un circuito analogamente a come avviene collegando i terminali di un condensatore.
Nello ZED, l’avvolgimento primario alimentato dalla corrente ionica, crea una induzione in quello secondario.
L’avvolgimento primario è ciò che si interpone tra suolo e ionosfera costituendo il primo circuito di alimentazione, nella grafica si osservano i due terminali, quello corto è in pratica una “messa a terra” mentre l’altro terminale quello lungo simile ad una antenna rappresentano appunto gli elementi di contatto per interporre lo ZED tra suolo e ionosfera.
La colonna costituisce il distanziale isolante tra l’avvolgimento primario ed il suolo non ché il suo supporto.
L’avvolgimento primario potrebbe anche essere stato costituito come una bobina auto-induttiva come quella ideata da Nikola Tesla.
Questa ipotesi è suggerita dal particolare presente sullo ZED in cui si osservano linee alternate di diverso colore che potrebbero indicare proprio la differenza tra le spire della bobina primaria; in questo modo già all’interno del primario si ottiene un incremento della corrente e di conseguenza una potenza induttiva più efficace e potente per l’avvolgimento secondario.
Seguendo il principio dell’auto induzione è possibile che anche l’avvolgimento secondario avesse queste caratteristiche, in questo modo sarebbe stata fornita una maggiore e più elevata tensione agli eventuali trasformatori, forse o più probabilmente la corrente che veniva fornita dal secondario era ad alta tensione.
Le seguenti immagini provano a rendere l’idea di come fossero costituite le bobine auto induttanti.
Schema della ZED
Schema dello ZED
Schema degli avvolgimenti dello ZED
Bobina primaria dello ZED
Bobina secondaria dello ZED
Sezione della bobina secondaria autoinduttante
Alcuni riferimenti per i più curiosi
https://it.wikipedia.org/wiki/Risonanza_Schumann
http://www.progettomem.it/appr_campinaturali.php?id=8
http://www.progettomem.it/appr_campinaturali.php?id=9
http://www.next.gr/inside-circuits/free-energy-collector-circuit-l5853.html
Fine stesura 17 febbraio 2017
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