Gallery

A seguito delle segnalazioni fattemi, ho scoperto che il problema della visualizzazione delle gallery e delle immagini è conseguente la piattaforma di WordPress, non ho ancora compreso da cosa possa dipendere, ma ho notato che aprendo le gallery dalla homepage il problema persiste, mentre se si va alla pagina o al post, queste funzionano correttamente, resta ancora il problema della visualizzazione delle immagini, nel senso che queste pur se visualizzate, non si aprono nella finestra specificata, come dalle impostazioni di visualizzazione.


Nota:
Mi è stato segnalato da diverse persone che le gallery non funzionano correttamente; ho verificato ed effettivamente si apre e chiude senza permetterne visualizzazione delle immagini.
Come prima cosa ho pensato ad un problema con i “doubleclick” ma sembra che il problema sia relativo alla piattaforma di WordPress o della versione di Firefox.
Mi spiace per il problema e cercherò di risolverlo, in ogni caso per visualizzare l’immagine basta premere il tasto destro del mouse e selezionare la voce “Apri link in una nuova scheda o finestra” (Firefox)


Fine stesura 16 gennaio 2017

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Lo ZED

Dopo un periodo di qualche mese, preso dagli impegni quotidiani mi accingo a scrivere questo nuovo intervento, intervento che scaturisce, come sempre da riflessioni, ricerche e dal confronto con diversi amici su posizioni ed ipotesi varie.
Il tema di questo intervento è su cosa sia lo ZED; non essendo ancora stato rinvenuto (ufficialmente) un manufatto che corrisponda in toto o in parte a quanto si osserva nelle diverse raffigurazioni, per altro esclusivamente riferibili all’antico Egitto, attorno a questo oggetto si è creato un alone mitologico, magico o addirittura religioso.
Ma cosa è o cosa sarebbe in realtà lo ZED? È esistito o esiste realmente?
Le diverse ipotesi sulla natura e lo scopo dello ZED, denotano che attorno a questo argomento c’è una gran confusione; non è mia intenzione ne mi interessa cercare di “unificare” le varie ipotesi, anche se leggendo l’intervento si possa pensarlo, piuttosto, come da mia indole amo le prospettive ampie, profonde e a 360° e questo inevitabilmente influenza il mio modo di vedere e quello che scrivo, come mia consuetudine cercherò di dare una panoramica il più possibile completa e coerente, provando a trarre delle conclusioni concrete, seppure teoriche, considerando proprio il fatto che eccetto per la struttura interna alla Piramide di Cheope denominata ZED, non vi sono altri esempi di questo oggetto se non appunto le sole raffigurazioni.

Ora è da quando la civiltà umana si è evoluta in una civiltà tecnologica, che schiere di ricercatori e scienziati di ogni branca si trovano disarmati di fronte alle opere realizzate da antiche civiltà ed incapaci di dare una risposta esaustiva e compiuta sul come e con quali tecniche quelle opere poterono essere realizzate attenendosi alla l’ortodossia scientifica dominate.
Va però detto che quella sorta di muro è costituito da presupposti preconcetti, che si basano sul principio secondo cui gli antichi popoli disponessero solo di attrezzi e strumenti rudimentali e tali strumenti riuscirono a realizzare cose che ancora oggi, con la nostra più avanzata tecnologia, risulta difficile da eguagliare sia per maestosità sia per i diversi aspetti qualitativi

Mi sovviene di fare una riflessione su questo ultimo paragrafo, perché ammesso e non concesso che abbiano ragione, ne consegue una considerazione per niente lusinghiera della moderna umanità o meglio/peggio delle su intelligenze, perché di fatto una tale visione attesterebbe che di fatto, l’uomo moderno sarebbe più stupido rispetto i suoi antenati, i quali muniti di semplici attrezzi di rame, legno e funi di canapa eressero strutture e monumenti che sbalordiscono; ma forse si vuole intenzionalmente indurre nell’uomo comune un senso di inferiorità e Perché?
È possibile che vi sia in atto una sorta di “restaurazione”, un tentativo di imporre un “neo medio evo” in cui sacerdoti e clero vengono sostituiti da scienziati, finanzieri e industriali?

Torniamo al punto, dunque se cancelliamo il presupposto che le antiche civiltà disponessero solo di strumenti rozzi e rudimentali, il panorama cambia radicalmente, tutto potrebbe essere possibile, ma è doveroso evitare il rischio di cadere nel mare delle congetture e delle ipotesi.
L’unico modo per evitare una deriva eccessivamente fantasiosa è prendere in considerazione l’ipotesi (del tutto arbitraria) che le antiche civiltà disponessero di una tecnologia, se non superiore a quella odierna, quantomeno analoga; seppure quella tecnologia, quelle conoscenze erano appannaggio di una o più caste e rivestite da un alone magico, mistico e religioso funzionale ad un assetto sociale radicalmente diverso dal nostro, con questo, non escludo le altre ipotesi in gioco, ma concentrare l’attenzione su quelle che possono permettere di estrapolare quella che poteva essere stata la realtà delle antiche civiltà, dandone una maggiore concretezza.
Certamente c’è il rischio di passare per “revisionisti” storici, o meglio preistorici, no sono pienamente cosciente, ma sarebbe davvero negativo “revisionare” la conoscenza del passato correggendo, riempiendo o rettificando le lacune, gli errori, gli abbagli che sono stati commessi nei secoli e influenzati da aspetti che con la ricerca ella verità hanno poco a che fare?

Ma veniamo al tema, l’unico oggetto definito ZED di cui ne è stata accertata l’esistenza è la struttura interna alla piramide di Cheope, eccetto questo esistono solo raffigurazioni dell’oscuro oggetto e che rientra nella definizione di ZED, per altro questa struttura sembra essere strettamente funzionale all’intera struttura piramidale, una sorta di armatura “leggera”; in ogni caso che ci si riferisca alla struttura architettonica o ad un indefinito elemento, viene sempre messo in relazione con qualcosa di energetico, a volte in modo nebuloso e vago e a volte in modo esplicito con qualcosa di elettrico.
Restando sullo ZED architettonico, stando a quanto riporta Zecharia Sitchin, questa struttura era preposta ad ospitare una serie di cristalli suddivisi per qualità e caratteristiche nei diversi vani, tra questi cristalli spiccava per importanza la pietra GUG “che segnava il nord”.

Come prima osservazione possiamo dire che il termine ZED potrebbe avere una molteplicità di significati o indicare una categoria di qualcosa, quindi a seconda del contesto, assumere un significato ben preciso, di fatto e questo lo possiamo dedurre sostanzialmente dalle diverse raffigurazioni dello ZED che differiscono le une dalle altre per alcuni particolari e ciò anche nelle medesime immagini, quindi possiamo dire con un buon margine di sicurezza che quanto si osserva dai bassorilievi, sono si simili ma sostanzialmente indicano (idealmente) cose diverse, vuoi per utilizzo che per funzione.
Come ho detto, è possibile che concettualmente si attribuisca allo ZED un significato erroneo e che in realtà il termine potrebbe indicare una categoria, una funzione, un utilizzo, partendo dal presupposto che taluni bassorilievi siano qualcosa di più che una raffigurazione artistica e commemorativa, ma piuttosto una sorta di “manuale per l’utente” in cui si mostra forma, posizionamento e funzione degli elementi?
È pressoché unanime considerare il fatto che lo ZED è associato e/o messo in relazione con qualcosa di energetico, possiamo quindi presupporre che questo binomio comporti di conseguenza che abbia la o le caratteristiche di poter catture, accumulare, amplificare, trasformare, convertire ed utilizzare questo qualcosa di energetico.

Per inquadrare meglio la questione, inseriamo lo ZED in un contesto molto più articolato; diversi ricercatori hanno scoperto che diversi manufatti riportano evidenti ed inequivocabili segni dell’impiego di strumenti ed attrezzature industriali e di precisione, attrezzature che se proprio non si vogliono classificare come superiori a quelle odierne, quantomeno sarebbero equiparabili per funzionalità e precisione, utensili come frese, trapani, seghe, ecc. ecc., per altro date le caratteristiche di taluni manufatti, qualcuno ipotizza persino l’impiego di apparecchiature computerizzate, quindi strumenti ed attrezzi motorizzati, ora, anche se è plausibile che disponessero di utensili a motore a scoppio, data la precisione di molti manufatti, questo implica l’impiego di motori ad elettricità vista la maggior flessibilità e vestibilità di impiego delle apparecchiature, perché se è vero che ci possano essere trapani e smerigliatrici a miscela, ma un tornio motorizzato in tal guisa, sarebbe ingestibile e meccanicamente complesso oltre misura.

Tenendo presente l’attribuito livello tecnologico delle antiche civiltà, è inevitabile chiedersi dove possano essere i resti e le tracce delle loro infrastrutture, perché è fuori di dubbio che una civiltà tecnologicamente avanzata ne debba avere più di una, per sostenersi e alimentarsi, quindi assumendo che queste basassero la loro tecnologia sull’impiego di energia elettrica piuttosto che sugli idrocarburi, dove sono le dighe, gli invasi artificiali, le turbine e i generatori per produrla?
Il fatto che non vi siano (ufficialmente) trace di queste infrastrutture, non attesta che non vi fossero, ma solo che non sono state ancora scoperte, inoltre questa eventuale assenza potrebbe essere dettata da una differente concezione strutturale e “ideologica”, non dimentichiamo che le infrastrutture moderne di cui disponiamo sono essenzialmente asservite e funzionali ad una società tecnologica diffusa soggetta ai principi economici del profitto e della speculazione.

Stando a quanto risulta dall’archeologia ufficiale, non sembra siano mai stati rinvenuti i resti di una qualche infrastruttura a sostegno di una tecnologia elettrica degli antichi, come detto, questo non attesta che tali infrastrutture non esistessero, però potevano essere concettualmente e strutturalmente differenti da quelle che noi conosciamo; personalmente sono convinto che le tracce e le testimonianze vi siano, come interpretare ciò che si osserva dall’immagine qui a fianco se non come una diga, come interpretare quelle insolite strutture presenti nella penisola del Sinai e nel sud dell’Egitto che costellano il territorio per chilometri, di cui ho parlato ampiamente negli interventi relativi ai geoglifi del Sinai.

Le evidenze archeologiche che indicano l’impiego di strumenti tecnologici avanzati sono molteplici, e gli indizi che tali strumenti fossero alimentati ad elettricità sono altrettanti; sorge però l’interrogativo di come potessero genere l’elettricità, considerando che si è scartata l’ipotesi delle centrali idroelettriche?
Non mi metterò certo a fare un trattato sulla corrente ne su come è possibile produrla, sappiamo però che la forma di corrente più efficiente è quella alternata ed è inevitabile che per un uso industriale occorre produrne tanta, ora in assenza di dighe, questo pare pressoché impossibile se non con un sistema basato sigli idrocarburi, ma anche qui ci si trova di fronte al fatto che motori e turbine preistoriche non sono mai stati rinvenuti, quindi?
In molti ritengono, a seguito del rinvenimento di alcune batterie (la batteria di Bagdad) elettrochimiche che la tecnologia antica funzionasse a corrente continua, ora, seppure in linea di principio l’ipotesi è valida, sotto il profilo pratico risulta incoerente, poiché è si possibile alimentare un piccolo dispositivo elettrico con quel tipo di alimentazione, ma non di certo uno strumento capace di tagliare, modellare, bucare materiali rocciosi tra i più duri, come potrebbe farlo un flessibile, un trapano una fresa ad alta velocità, sarebbe impossibile anche giocando nel mettere in serie e in parallelo pacchi e pacchi di batterie, non si potrebbe eguagliare le performance della corrente alternata.


A
questo punto, che gli antichi usassero la corrente alternata pare essere un dato di fatto più che un’ipotesi, ma come la producevano, questo è ancora l’interrogativo a cui occorre rispondere, seppure ipotizziamo l’impiego di un numero sterminato di batterie e convertendone la corrente in alternata, queste si sarebbero esaurite molto rapidamente proprio per i carichi richiesti anche da un singolo utensile industriale, quindi la fonte doveva essere necessariamente un’altra.
Voglio ulteriormente far notare l’inconsistenza dell’ipotesi delle batterie, perché se il sistema fosse stato quello, si sarebbero rinvenute cataste e cataste di batterie e così non è.

anks1

Un altro oggetto che mi fatto riflettere e fornito spunti di ricerca è un altro oggetto misterioso che anch’esso è spesso associato allo ZED, l’Ankh; nei diversi manufatti che ho raggruppato, sembra che al suo interno abbia un piccolo ZED, tutte riportano la medesima configurazione schematica ed in sintesi il medesimo oggetto, quindi è palese che il riferimento è preciso ed inequivocabile;
Nello specifico, quello che più mi ha colpito sono i particolari della seconda immagine in cui si può vedere chiaramente che al disotto dei tre livelli della colonna sono presenti quattro strati alternati, cosa stanno ad indicare o cosa vogliono significare, visto che la stessa configurazione è riportata sulle braccia della croce ansata, inoltre, perché nei soprastanti livelli si vede una serie regolare più o meno verticale di altri elementi?
Molti ricercatori ritengono che lo ZED sia in realtà una sorta di trasformatore e questi elementi concorrono a sostegno dell’ipotesi; sappiamo che un trasformatore moderno è costituito da un avvolgimento primario e da uno o più avvolgimenti secondari, separati ed isolati gli uni dagli altri e a grazie all’induzione elettromagnetica si ottiene una trasformazione della corrente che scorre nell’avvolgimento primario, in un voltaggio e amperaggio maggiore o minore, in funzione e in relazione delle caratteristiche dell’avvolgimento secondario, quindi da quanto si può osservare dalle raffigurazioni dell’Ankh possiamo perlomeno dire che è coerente con la rappresentazione di un trasformatore.

ank_assemb

Devo precisare che mi sto ancora riferendo all’Ankh, cioè alla croce ansata che spesso viene definita “croce della vita” e che è un elemento quasi onnipresente nelle opere e nei geroglifici egizi; osservando meglio l’Ankh si osserva che in realtà le figure sono sovrapposte, quindi partendo dal fondo osserviamo la croce ansata, poi lo ZED ed in ultimo quella strana “forca”, cosa vuole dire questo “ideogramma” se non che tra i tre oggetti vi è una stretta relazione, si badi che ho detto relazione non connessione, visto che tra i vari elementi non si vedono fili che li collegano, va osservato che sulle braccia della croce ansata si possono notare delle linee che escono, ma di fatto queste linee non sembrano indicare un eventuale collegamento, ma forse il riferimento ad una fonte energetica; ora se disassembliamo l’Anck nella sua raffigurazione possiamo notare in modo più preciso i tre elementi, che scomposti come nell’elaborazione a fianco acquistano un significato ed senso logico, dove la croce ansata, è costituita da due bobine distinte e un corpo centrale che potrebbe costituire un’antenna ricevente, lo ZED, il trasmettitore e la strana forca uno strumento per la manipolazione o il controllo di uno dei due elementi o di entrambi.
Ipotizziamo che l’Ankh fosse stato una sorta di “condensatore/batteria/interruttore” senza la quale qualsiasi strumento o macchinario non potesse funzionare, quindi chi avesse provato ad utilizzarli, non avrebbe potuto farli funzionare, cosi come chi si fosse impossessato improvvidamente della “chiave” avrebbe corso seri rischi di restare fulminato, non conoscendo come utilizzarlo; questo mi porta alla mente ancora un altro oggetto misterioso e mitologico, non solo relativo alla cultura egizia, ma anche a quella giudaico-cristiana, l’Arca dell’Alleanza, come ci dice la tradizione e come è riportato nella bibbia, sciagurati erano coloro che si avvicinavano ad essa poiché sarebbero stati folgorati.
Dunque per poter avvicinarsi e “manipolare” l’Arca, occorrevano determinate precauzioni che solo una ristretta cerchia di adepti conosceva, quindi è altamente probabile che analoghe “procedure” descritte nella bibbia, fossero state copiate o assimilate dagli egizi, non dimentichiamo chi era Mosé e in quale ambito sociale crebbe.
Ho citato l’Arca dell’Alleanza, anche perché in molti ipotizzano che originariamente l’Arca fosse custodita all’interno della piramide di Cheope e per la precisione nel sarcofago di granito all’interno della camera del Re, che guarda caso è situata proprio sotto lo ZED architettonico, luogo deputato da Sitchin come il posto dei cristalli.

Tornando al “binomio” Ankh/ZED, possiamo desumere che tutto ciò ammicca ad un sistema di circuiti risonanti, non troppo dissimile da quanto inventato da Tesla?
Detto questo e seguendo questa strada, se l’Ankh è il “ricevitore” lo ZED è il trasmettitore, da dove attingevano l’energia? E questo ci riporta alla questione delle infrastrutture, infrastrutture che non avrebbero necessità di esistere se non per le sole “torri trasmittenti”, quindi ridotte al minimo e con una perdita pressoché nulla anche su grandi distanze, visto che l’energia non è dissipata dalla resistenza di una rete elettrica tradizionale.
Sappiamo che Tesla per gli esperimenti sulla trasmissione dell’energia elettrica utilizzava della corrente prodotta da centrali idroelettriche e come da ortodossia archeologica, sappiamo che gli antichi, non disponevano di questa utilità, ma Tesla andò oltre, ipotizzando e sicuramente realizzando qualcosa di sorprendete e anche di più, ossia sfruttare l’energia della ionosfera.
Gli esperimenti di Colorado Spring ne sarebbero a testimonianza e comunque realizzò qualcosa di radicalmente innovativo; paragonando la “cavità” compresa tra suolo e ionosfera ad una sorta di condensatore naturale ed interponendo adeguati strumenti tra i due terminali era possibile utilizzare questa energia, purtroppo Tesla fu fermato, il laboratorio di Colorado Spring smantellato e lui finì i suoi giorni in miseria, tutto questo perché di fatto, la civiltà “moderna” è asservita ai principi economici del profitto e della speculazione.
Dunque potrebbe essere stato questo sistema che ha permesso alle antiche civiltà di disporre di energia elettrica con cui hanno realizzato le loro opere? L’ipotesi è plausibile, concreta e nonostante tali possibilità, siano oggi precluse per questioni “economiche” sicuramente funzionante e altamente efficiente, certamente il gran numero di indizi, sparsi qua e là non fanno una “prova provata” ma rendono un quadro d’insieme coerente e plausibile anche sotto l’aspetto strettamente tecnico e di realizzazione.
Ora seguendo l’idea ed il progetto “tesliano” sarebbe sufficiente predisporre una adeguata antenna per catturare l’energia della ionosfera e tramite opportuni trasformatori convertirla, sappiamo che il differenziale tra terreno e ionosfera varia dai 200.000 ai 500.000 volt; è vero in quanto ad amperaggio, questo è particolarmente basso, pochi ampere per metro quadro oltretutto in corrente continua, per dare una idea, ricorrendo al classico esempio idrico, potremmo immaginare un larghissimo e profondissimo fiume quasi stagnate in cui l’acqua rappresenta il voltaggio e la corrente l’amperaggio e dove i trasformatori assumono la funzione di una pompa che preleva la corrente-voltaggio aumentandone la pressione-amperaggio.
Seguendo quello che mi ricordo su come si costruiscono antenne, realizzare una antenna per captare a livello “radio” la frequenza herziana della ionosfera richiederebbe una antenna (filare) lunga svariati chilometri, anche volendo ridurne le dimensioni con opportuni “caricamenti” si prospettano problemi tecnici decisamente problematici, quindi la soluzione del problema non va ricercata in ambito “radiantistico” ma piuttosto in un contesto strettamente elettronico, ossia quello di realizzare gli opportuni contatti tra i terminali del “condensatore Terra”, in questa prospettiva sarebbe come predisporre una presa nel circuito elettromagnetico terrestre.
Di seguito presento una serie di immagini che ho realizzato, in parte per dare più sostanza all’ipotesi dello ZED-trasformatore ed in parte per vedere quali potessero essere i problemi realizzativi di questa cosa; a parte le difficoltà strettamente legate alla realizzazione delle bobine per le loro dimensioni e le “forature” della colonna, tutto sommato non sembra che ve siano, pur restando in un approccio elettronico e non radiantistico.

djoser2

Questa elaborazione mostra come sarebbe apparso lo ZED, va detto che si vocifera che originariamente fosse posto al vertice della piramide di Djoser e tra l’altro, sotto l’aspetto architettonico ne avrebbe rappresentato il giusto coronamento, ma poi forse per fragilità strutturale della piramide o forse per questioni belliche sarebbe stato celato all’interno della piramide di Cheope.
Preciso che il progetto non è proprio in scala ed è stato dimensionato all’incirca all’altezza di una persona analogamente come si osserva in alcuni bassorilievi egizi presupponendo che questi in realtà fossero degli elementi intermedi tra lo ZED principale analoghi a quelli che potrebbero essere delle cabine di distribuzione o i contatori.

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Alcuni riferimenti per i più curiosi

https://it.wikipedia.org/wiki/Risonanza_Schumann
http://www.progettomem.it/appr_campinaturali.php?id=8
http://www.progettomem.it/appr_campinaturali.php?id=9
http://www.next.gr/inside-circuits/free-energy-collector-circuit-l5853.html


Fine stesura 17 febbraio 2017

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Abzu la terra perduta dell’oro

Mi accingo a scrivere questo intervento in risposta alle critiche su quanto ho illustrato nell’intervento “Sulle tracce degli Annunaki”, sopratutto rispetto le immagini catturate da Google Map.

Quello che più mi lascia perplesso delle critiche non è tanto l’averle sollevate, ma piuttosto la loro sterilità e i giudizi categorici che ne conseguono, devo ulteriormente ripetere che le immagini catturate sono state elaborate giocando su luminosità, contrasto, dettagli e scala colorimetrica al solo scopo di esaltare l’immagine, non vi è un solo pixel alterato cancellato o aggiunto, quindi, per tutti i “critici takeaway”, se in buona fede, si analizzino pure le immagini, in luogo del più che lapidario “fake”, pretendendo per altro che la loro opinione sia tout cour la verità assoluta.

Fonte immagine Google Map

Fonte immagine Google Map

Leggi l’intervento: Abzu la terra perduta dell’oro

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Sulle tracce degli Annunaki


Abzu la terra perduta dell’oro

Volendo approfondire meglio alcuni aspetti che emergono dal libro perduto di Enki e cercando possibili riscontri cartografici, come spesso capita nel ricercare, gli elementi si allineano come perle di una collana, forse coincidenze o forse no, sta di fatto che i diversi frammenti sembrano combaciare ed incastrarsi perfettamente o quasi.
Detto questo e pur tenendo presente le opportune cautele, ciò che emergerebbe sembra essere la conferma o quantomeno qualcosa di estremamente assonante con quello che libro riporta; essendomi formato un preciso identikit della mentalità annunaka e sopratutto di Enki, sono convinto che molte cose da lui espresse, siano manipolatorie, fuorvianti e tese a depistare, dopo tutto è sempre un annunako e come per chiunque vale il principio che se si ha un vantaggio, occorre mantenerlo il più possibile ed il modo migliore per farlo resta sempre quello di nascondere la verità in bella vista, distorcendola, tra cose false e verosimili.

Forse è presuntuoso da parte mia voler evidenziare le tante incoerenze che emergono dal libro e ancor più il voler trovare dei riscontri reali, in ogni caso seguo sempre l’imperativo del pormi e porre le giuste domande, perché è sempre il primo passo che poi determina la direzione del viaggio, in ogni caso apparentemente il passaggio precedente può sembrare contraddittorio, lo riconosco, ma trovare riscontri o non trovarne è comunque in modo per “misurarne l’attendibilità”; con ciò intendo dire che il libro sia al 100% attendibile o inattendibile, ma piuttosto comprendere il perché e le ragioni di questo libro, il senso, ma sopratutto cosa il libro stesso nasconde in bella vista.

Dopo questa introduzione, probabilmente nebulosa per chi non ha letto gli interventi precedentemente pubblicati sul trema, veniamo al sodo; riporto qui lo stralcio di quanto pubblicato da un collega blogher che mi ha permesso di fare delle riflessioni e al contempo mettere in relazione alcune possibili evidenze:

… “Abzu in lingua sumera letteralmente significa acqua lontana, ab sta per acqua e zu viene tradotto con lontana o profonda, moli esperti hanno interpretato il significato come il luogo delle sorgenti delle acque dolci che mantengono la vita; ma è realmente questo il senso ed il vero significato di Abzu?” …
… “Nell’inno ad Enlil, si legge “Abzu, che nessuno può comprendere. È interno ad un mare lontano, che il confine del Cielo non comprende
”… (Fonte:http://trueancienthistory.blogspot.it/2013/05/the-sumerian-abzu.html)

Tenendo presente lo “stile barocco” del testo sumero e gli arzigogoli lessicali occorsi per tradurre Eridu in Casa Lontana, possiamo invece pensare che in un linguaggio più scorrevole e logico, Eridu significasse avamposto? Se non altro per una maggiore coerenza?
Quindi applicando (arbitrariamente) questo “metodo” a quanto nello stralcio, possiamo invece presupporre che abzu significhi luogo sommerso e in un contesto “moderno” base sottomarina? Di conseguenza “Abzu, che nessuno può comprendere. È interno ad un mare lontano, che il confine del Cielo non comprendere” può essere letto come “Abzu, che nessuno può vedere. È sul fondo di un mare lontano invisibile persino dall’orbita”?

Da questi due passaggi emerge, senza possibilità di fraintendimento che in realtà l’Abzu sia un luogo o una zona sul fondale di un mare lontano; ulteriormente, l’immagine precedente mostra Enki sul suo trono letteralmente sommerso dalle acque come in una bolla.
Come sarebbe possibile pensare che la raffigurazione non sia relativa alla rappresentazione di una base o una struttura sottomarina?
E’ più che evidente il suo significato, per altro ne verrebbe persino rappresentato il dispositivo costituito da una colonna sorretta da un omino; un altro elemento che concorre a questa ipotesi è la sovente raffigurazione di esseri vestiti da pesce che emergono dalle acquee, una allegoria a qualcosa di analogo ad una muta subacquea?
Certamente per una civiltà aliena che forse proveniva o proviene da un sistema stellare lontano, installare una base sottomarina è relativamente cosa relativamente facile considerando che avrebbero vissuto per molto tempo nello spazio profondo, quindi una tecnologia a loro portata e di comune impiego; non è forse uso per le agenzie spaziali utilizzare enormi piscine per simulare l’ambiente spaziale?

Da quanto detto fino ad ora, mi sovviene fare un’altra delle mie relazioni, se effettivamente gli Annunaki hanno insediato una base sul fondale marino, è possibile che dispongano della medesima tecnologia che i W56 del caso amicizia hanno illustrato ai loro referenti terrestri?
Per chi non fosse al corrente di questa vicenda tutta italiana, ne faccio una estrema sintesi, negli anni 50 alcune persone vennero contattate da extraterrestri per una ancor non ben definita relation-ship, comunque, tra le varie cose, questi esseri, asserirono di avere una base sotterranea sul territorio italiano spiegando che avevano un dispositivo capace di creare una sorta di “bolla stabile” nel sottosuolo delle dimensioni e ad una profondità che più erano confacenti alla missione; ora se tale dispositivo permette di creare una bolla nel sottosuolo, questo funzionerebbe egregiamente anche nell’acqua, anzi sicuramente funzionerebbe meglio visto che la consistenza dell’acqua è minore di terra e roccia, quindi.

Comunque, seguendo quanto il libro riporta, l’Abzu sarebbe localizzato a sud del pianeta, e precisamente in quella che sarebbe la punta estrema del continente africano, ma, come ho ipotizzato, considerando l’epoca in cui gli Annunaki scesero sulla Terra, all’epoca Africa e continente sudamericano erano pressoché uniti, quindi l’area, attualmente, dovrebbe trovarsi tra le due punte estreme dei due continenti e quello antartico, ma considerando la deriva dei continenti, si troverebbe “all’incirca meno quasi” e facendo una media, ad una longitudine compresa tra l’oceano Pacifico meridionale e l’oceano Indiano ad una latitudine compresa tra la punta estrema dell’Africa e quella dell’Antartico.

Ma c’è un però, tenendo per buone le indicazioni del libro, non potrebbe essere sfuggito un particolare che potrebbe, magari involontariamente depistarci?
E’ noto, almeno stando alla scienza ufficiale che il campo magnetico terrestre ciclicamente ha una inversione, quindi è possibile che quando gli Annunaki o meglio Enki si riferisce, anche in merito alla vicenda del diluvio universale al sud del pianeta si riferisca in realtà a quello che attualmente è il polo nord? Per altro c’è da osservare che stando alla conformazione delle terre emerse all’epoca presunta delle vicende in questione l’Antartide non era ancora localizzato la dove è ora, certo resta il particolare che nella descrizione parla di una terra a forma di cuore, ma anche qui, questa descrizione è valida per un epoca in cui la deriva dei continenti ha già separato i super continenti Gondwana e Laurasia, quindi i continenti che assomigliano o richiamano la forma del cuore sono Africa, Sud America, India e Groenlandia.

Seguendo l’indizio del “cuore” mi sono messo a spulciare Google Map, cercando sui fondali qualche elemento di conferma; come ho più volte ribadito, a me piace ribaltare le prospettive, se non altro per vedere le cose da un’altra angolazione cercando di esaltare luci, ombre e contorni.
Memore di due precedenti interventi che coinvolgevano l’area della Groenlandia, (Cosa si cela sui fondali oceanici? III° e Cosa si cela sui fondali oceanici? VI°) ho cominciato a “pattugliare il fondale dell’oceano artico tramite Google; ribadisco ulteriormente che per avere la certezza di quello che si osserva, occorrono verifiche sul campo, detto questo, restano valide le ipotesi che quanto si osserva da Google Map o Google Earth possano essere manipolazioni intenzionali da parte di qualcuno.
Detto questo e volendo considerare veritiero quanto si osserva, ma sopratutto volendo ritenere che chi offre questo tipo di servizio, non voglia passare per turlupinatore, magari per una mera questione di visibilità o a scopo pubblicitario oppure commerciale e che abbia interesse a tutelare la propria immagine e i propri utenti.

Dunque tenendo valido ciò che si osserva, è possibile che l’Abzu descritto nel libro perduto di Enki si trovi nell’oceano artico?
È questa l’ulteriore prova che Enki forse in modo giullaresco celi la verità con mezze verità ed analogamente alla rivelazione sul diluvio fatta alla capanna di canne si prenda gioco anche dei suoi simili?

L‘area in questione è localizzata a circa 1.300 chilometri ad ovest di quella che è l’area in cui è stata individuata una presunta centrale idroelettrica e quella che sembrerebbe essere una astronave madre (magari proprio quella che Anu regalò a Inanna).
Le tre immagini seguenti, catturate da Google Map, mostrano l’area in questione.

Fonte Google Map

Fonte Google Map

Fonte Google Map

Fonte Google Map

Fonte Google Map

Fonte Google Map

Fonte Google Map

Fonte Google Map

Fonte Google Map

Fonte Google Map

Fonte Google Map

Fonte Google Map

Già da quanto si può osservare dalle ultime tre immagini, la cosa è decisamente sorprendente, i contorni di quello che sembra essere un insediamento la cui estensione è ± di 350.000 chilometri quadrati; tanto per intenderci e dare una razionalità al dato, un’area superiore di un sesto all’intera superficie dell’Italia che è di circa 301.000 chilometri quadrati.
La cosa interessante ed allo stesso tempo curiosa è che queste strutture abbiano una dimensione analoga a quella della presunta centrale idroelettrica citata in precedenza.

Le seguenti immagini, mostrano le diverse aree bordate di giallo, nonostante la scarsa qualità ottenibile da Google e il tentativo di ottimizzarle esaltando contorni e dettagli è difficile non associare le forme a quelle di strutture artificiali e più precisamente ai contorni di veri e propri edifici; riallacciandomi a quanto detto nell’intervento relativo all’isola di Creta, sui dati batti-metrici, su eventuali errori nel rilevamento e nella produzione delle immagini, l’ipotesi è da scartare a prescindere, in questo caso, le possibilità sono soltanto due, o ciò che si vede è ciò che si vede, oppure quanto si osserva è una palese falsificazione delle cartografie, indipendentemente che queste siano rese disponibili a scopo ludico o didattico.

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Lascio a voi considerazioni e conclusioni; terminando questo intervento e dopo quanto esposto, è possibile presupporre che quella che idealmente potrebbe essere una centrale idroelettrica, in realtà sia l’impianto di lavorazione dell’oro degli Annunaki?
Tenendo presente che i fenomeni ed avvistamenti ufo ed uso, pare siano nettamente più numerosi, possiamo ritenere che di fatto le attività annunake sulla Terra non sono soltanto relegate ala storia passata ma che continuano indisturbate tutt’oggi?
Come ho detto, se quello che si osserva è realmente ciò che sembra essere, bhé occorre fare una profonda rivalutazione non solo della storia ma del contesto in cui l’umanità si inserisce in questo quadro d’insieme.

elaborazione immagine by Phoo34

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Fine stesura 26 luglio 2016

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